Archivio | febbraio 2014

Coraggio

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C’è sempre una filosofia per la mancanza di coraggio.
Albert Camus

Questa bella citazione l’ho trovata sulla prima pagina dell’ultimo libro di Fabio Volo. Ora voi direte che ci vuole coraggio a leggere i libri di Fabio Volo e io vi risponderò che per l’attesa di un’ora alla lavanderia automatica vanno benissimo. Con buona pace del coraggio. Ci vuole coraggio a sorridere malgrado la vita ti abbia portato via le persone più care. Ci vuole coraggio a superare la tristezza, il dolore e il vuoto che hanno lasciato. Ci vuole coraggio a difendere le proprie idee, a voler cercare la chiarezza, a fare il primo passo, a dare un nome alle cose.
Quando sul tram tutti ci guardavano perché eravamo io, te e due ragazzi disabili uno dei quali si faceva notare e tu hai detto ad una signora che lo fissava con gli occhi incollati: “Scusi, ma cosa c’è da guardare?” Ci vuole coraggio quando la collega despota e più temuta della scuola impreca sul portone all’uscita degli alunni: “Io tutti questi albanesi li butterei in Arno!” Perché il babbo di un bimbo tardava a venire a prenderlo e lei si era spazientita. Ci vuole coraggio quando al mio ti voglio bene rispondevi sempre, anch’io. Magari lo scrivevi ma dirlo è un’altra cosa. Ma una volte l’hai detto. Tu per primo. Secondo me da quella volta hai rotto il ghiaccio e ora lo dici sempre senza paura. A volte anche per primo. Ci vuole coraggio a sapere che da quella sala operatoria magari nemmeno esci viva perché l’operazione è grossa e noi di corsa giù dai monti a guidare come matti perché ci aspettavano. Ci aspettavano per un saluto e un sorriso. Ci vuole coraggio a vivere. A vivere pianamente. Ci vuole coraggio a morire. A morire senza farlo pesare agli altri, senza dir loro che la morte sta arrivando. Ci vuole coraggio a compiere cinquant’anni, guardarsi allo specchio e farsi un sorriso. Perché sì, cinquant’anni ci sono, ma c’è chi li porta peggio e magari era così a trenta. Ci vuole coraggio a vivere il presente che è l’unica cosa che abbiamo senza rifugiarsi nei ricordi o nei progetti che ancora non ci sono. Io non so se ci vuole coraggio anche ad amare o se quando si ama tutto viene naturale, ma di sicuro so che il coraggio è una forma d’amore. Luminosa, con i capelli al vento e un fazzoletto rosso al collo.

“…La matematica non sarà mai il mio mestieeere…”

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Anche la matematica ha un’anima nascosta tra i numeri. Non ci credete? Va bene. Ripassiamo le quattro operazioni.
Addizione: Di solito è quella più facile. Si può fare anche a mente. Io più te, uguale: noi. Un risultato diverso da entrambi, a meno che uno dei due non valga zero. Io sono stata fortunata perché zero finora non l’ho mai incontrato. L’addizione mi è simpatica perché aggiunge, porta qualcosa di nuovo, qualcosa in più che spinge a conoscere. Forse per qualcuno quel “più” tra due numeri sembra una croce. A me no. Ed è bello poter pensare di mettere tanti più in fila per dare un unico risultato. E poi, riporti, riporti, riporti. Io vorrei che il riporto fosse sempre fatto di gioia, di cose nuove, di cose belle. Magari contandolo sulle dita della mano, o quando si è bravi tenendolo a mente, perché scriverlo in alto si fa solo da bimbi quando si crede alle favole ma poi si smette.
Sottrazione: Quando ho incontrato persone sottrazione me ne sono accorta solo alla fine. Quando il resto è stato un numero vicino allo zero. Quando prestavi, prestavi, prestavi… Prestavi tempo, parole, attenzioni, ma i conti non tornavano. La sottrazione toglie. Toglie energia, piacere, sorrisi. Anche se a volte, giustamente, toglie marciume e false speranze. Nei problemi c’è sempre una mamma che rompe le uova, uccelli che volano via, caramelle mangiate e fiori appassiti. Quanti ne restano? E’ la domanda finale. A volte dopo una sottrazione rimane solo una gran carneficina.
Moltiplicazione: Bisogna saperle bene a memoria. Le tabelline. Altrimenti le moltiplicazioni non le fai. Allora, gara di tabelline, tombola di tabelline, tabelline canterine. Allenarsi, allenarsi, allenarsi. Con il “per” si arriva subito ai grandi numeri. Ha un che di miracoloso, di abbondanza. Ci vuole dimestichezza con le moltiplicazioni. Tutto prolifica rapidamente. Nel bene e nel male. Un’accelerazione prima quarta in pochi secondi. Con il per non ci si sbaglia: si vola sulla luna. Ma solo se si sanno bene le tabelline.
Divisione: Scoglio di molti studenti che s’incastrano tra i due puntini come una trota obesa. Eppure dividere aiuta, conforta, fa sentire meno soli. A volte però dividere è sinonimo di separare e le separazioni non sono mai indolori. “Ne vuoi metà?” Con la gomma Brooklyn in mano, piatta e lunga che si divideva facilmente. “Incontriamoci a metà strada”. “Paghiamo a mezzo”. A metà c’è sempre un incontro. Un incontro vero. Le divisioni sono difficili e impegnative ma una volta imparate danno tanta soddisfazione.